22 Mar L’importanza di chiedere “Come stai?”
“Come stai?”
Che bella domanda. Forse la più bella di tutte, ma anche la più sottovalutata.
“Come stai?” lo insegnano dai tempi della scuola, perché è educazione dirlo. Quello che non viene sempre insegnato è quanto sia importante ascoltare la risposta. E così per molti diventa formalità. Ma “Come stai?” cela invece il seme dei rapporti umani. È la mano tesa verso l’altro, è aprire una breccia, è andare oltre la frenesia per lo spazio di qualche minuto, o anche di più. Un seme però che non sempre viene coltivato e lascia il passo ad altri argomenti, altre parole, altre priorità.
Questo lo scrivevo lo scorso 23 gennaio, in una delle decine di note che lascio sparse nel cellulare o sull’agenda. Ammetto che la riflessione su queste due parole e sul modo in cui vengono – o non vengono – usate, mi accompagna da tanto tempo.
In questi giorni, però, ho fatto piacevolmente caso a un’inversione di tendenza: “Come stai?” è tornato a popolare i messaggi, le chiamate, i saluti da un balcone e l’altro. E la risposta, stavolta, interessa davvero.
Solo effetto della paura del coronavirus? Voglio credere di no. Voglio credere che questo sia un altro piccolo aspetto positivo del difficile periodo che stiamo vivendo: il recupero dell’empatia, la cura verso l’altro, la voglia di ascoltare, anche se ad almeno un metro di distanza.
Non dimentichiamoci di chiedercelo sempre, e di ascoltare la risposta, anche dopo che tutto questo sarà finito.