01 Lug Scienza e ricerca: così le persone sorde dalla nascita ascoltano i volti
Ascoltare il volto è la capacità sviluppata dal cervello delle persone sorde dalla nascita: a dimostrarlo è un recente studio del Centro Mente e Cervello (CIMeC) dell’Università di Trento, pubblicato sulla rivista scientifica PNAS.
Secondo la ricerca, l’area del cervello deputata a recepire suoni e rumori tenderebbe a riorganizzarsi per compensare il deficit uditivo, funzionando in modo analogo alle aree visive del cervello. Il risultato è un potenziamento della percezione attraverso la vista, con il recupero di tutte quelle informazioni legate all’identità dell’interlocutore (età, sesso, emozioni, stati d’animo) normalmente veicolate attraverso l’udito.
«Il nostro progetto si inserisce nell’ambito del dibattito Natura-Cultura sullo sviluppo del cervello umano», spiega Olivier Collignon, responsabile del progetto e professore presso la Université Catholique de Louvain (Belgio).
«Se da una parte gli studi neuroscientifici hanno evidenziato la straordinaria abilità del cervello umano di adattarsi alle esperienze nel corso della vita, dall’altra rimaneva da chiarire quanto tale abilità avvenisse entro i limiti definiti dall’informazione genetica. Quello che accade nelle persone sorde è una delle dimostrazioni più evidenti che questa plasticità del cervello può essere vincolata da specializzazioni determinate geneticamente, in accordo con quanto è stato dimostrato anche nelle persone cieche».
Nelle persone sorde dalla nascita, i cambiamenti del cervello non avvengono in modo casuale, ma seguendo specifici binari creatisi geneticamente nel corso dell’evoluzione umana: lo studio CIMeC conferma che la percezione e l’elaborazione del volto e della voce avvengono con meccanismi comuni, sebbene attraverso sensi diversi.
Il canale uditivo e quello visivo presenterebbero inoltre un collegamento preferenziale, risalente a uno stadio precoce dell’evoluzione del cervello umano.
«È probabilmente sulla base di questo collegamento preferenziale che il cervello riesce ad adattarsi all’impossibilità di percepire l’informazione vocale, modificando le aree uditive della voce in modo che contribuiscano invece ad elaborare informazione del volto», chiarisce Stefania Benetti, prima autrice dello studio CIMeC.
Nella pratica, lo studio apre nuove considerazioni: la plasticità del cervello risulterebbe infatti un ostacolo al recupero dell’udito nelle persone sorde dalla nascita che si sottopongono all’intervento di neuroprotesi, l’impianto cocleare. L’ipotesi dei ricercatori si fonda sulla grande difficoltà per le aree uditive di recuperare la capacità di elaborare l’informazione attraverso l’orecchio, una volta convertite alla percezione attraverso la vista.
«Nella pratica riabilitativa e clinica ciò si è tradotto nella raccomandazione di potenziare il canale uditivo (la voce) e mascherare quello visivo (i movimenti delle labbra e le espressioni facciali) durante la riabilitazione delle persone con impianto cocleare. I risultati del nostro studio introducono in qualche modo una sfida a questa raccomandazione», spiega Francesco Pavani, coautore dello studio CiMeC.
«Sottolineano invece che questi canali sensoriali, che sono fortemente integrati già nelle fasi precoci dello sviluppo cerebrale, potrebbero invece essere sfruttati durante le pratiche riabilitative per potenziare l’analisi del linguaggio orale tramite informazioni visive».